LE ROTTURE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
Che cosa è
La cuffia dei rotatori è costituita da 4 tendini che avvolgono la testa dell’omero e che, congiuntamente con il deltoide ed i muscoli scapolari consentono il movimento della spalla nei 3 piani dello spazio. I tendini che formano la cuffia dei rotatori sono: sottoscapolare, sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo. Anteriormente il sottoscapolare è un potente intrarotatore. Superiormente il sovraspinato è un extrarotatore ed abduttore, posteriormente il sottospinato è un extrarotatore, così come il piccolo rotondo.
La funzione della cuffia dei rotatori è quella di stabilizzare la testa dell’omero sulla glena, mentre il deltoide sviluppa una forza diretta verso l’alto. L’alterazione del vettore della cuffia per una lesione del sovraspinato e del sottospinato porta ad una risalita della testa omerale verso l’acromion sviluppando un conflitto sottoacromiale secondario. Tale situazione è evolutiva con l’avanzare dell’età e con l’aumentare della lesione tendinea.
Le rotture della cuffia dei rotatori sono una causa frequente di dolore e disabilità della spalla. L’incidenza e la gravità aumentano percentualmente con l’età. La patogenesi della rottura di cuffia rimane non perfettamente conosciuta, anche se molti fattori, come cause genetiche, biomeccaniche, biologiche e microtraumatiche sono stati ipotizzati. Nella maggior parte degli studi sono state considerate cause estrinseche ed intrinseche, ma più modernamente la rottura della cuffia deve essere intesa come una malattia del tendine. Le modificazioni istopatologiche nella patologia tendinea della cuffia dei rotatori sono ben documentate ed includono l’assottigliamento e la disorganizzazione delle fibre collagene, l’infiltrazione dei glicosaminoglicani, la metaplasia fibrocartilaginea, le calcificazioni e la degenerazione grassa, la necrosi tendinea con apoptosi cellulare. Le lesioni istologiche presenti sul margine tendineo potrebbero spiegare l’alto tasso di rirottura anche dopo riparazione chirurgica. E’ ben noto infatti, che rotture della cuffia inveterate e presenti in soggetti anziani hanno poche probabilità di guarigione ed alte possibilità di rirottura, anche quando trattate chirurgicamente. Viceversa, rotture piccole e recenti, in soggetti giovani, presentano le migliori probabilità di guarigione tendinea con bassi tassi di apoptosi, necrosi e metaplasia fibrocartilaginea ed alti livelli di neoangiogenesi.
Come si manifesta
Clinicamente la rottura della cuffia dei rotatori produce dolore ed impotenza funzionale, anche se talvolta può essere asintomatica. Il tendine interessato dalla rottura può essere individuato con alcuni test clinici che riproducono il movimento del tendine.
La rottura della cuffia dei rotatori può essere parziale se coinvolge solo la porzione articolare o bursale del tendine o completa se tutto lo spessore tendineo è interessato dalla rottura.
Codman ed Akerson nel 1931 ed Ellman nel 1990 hanno classificato le lesioni parziali della cuffia dei rotatori in lesioni bursali ed articolari. Snyder ha successivamente ripreso ed ampliato tale classificazione in 4 stadi con lesioni dal lato articolare (A) e bursale (B):
- Tipo I – Flogosi modesta in assenza di lesione delle fibre tendinee
- Tipo II – Fibrillazione delle fibre tendinee di grado lieve, senza formazione di flap
- Tipo III – Fibrillazione e frammentazione con fenomeni degenerativi del tessuto tendineo che conserva ancora una discreta qualità
- Tipo IV – Lesione marcata con fibrillazione e frammentazione del tessuto tendineo, formazione di flap e possibile coinvolgimento di due tendini.
Le lesioni tipo A3 ed A4 vengono definite PASTA lesions (Partial Articular Supraspinatus Tendon Avulsion).
Le lesioni complete o a tutto spessore (C) vengono classificate in 4 tipi:
- Tipo I – lesione piccola, completa, puntiforme
- Tipo II – Lesione piccola (<2cm) coinvolgente un solo tendine senza retrazione dei margini di rottura
- Tipo III – Lesione ampia (2-4cm) coinvolgente un solo tendine con retrazione dei margini di rottura
- Tipo IV – lesione massiva, coinvolgente due o più tendini con retrazione e fibrosi dei margini tendinei di rottura, spesso di forma ad L.
Quali esami sono utili
Gli esami fondamentali sono: RX, Ecografia ed RMN. Le RX permettono di valutare l’osso ed indirettamente i segni di una lesione tendinea. L’ecografia è indicata soprattutto per quei pazienti destinati ad un trattamento conservativo. Eseguito con accuratezza permette di valutare dinamicamente le lesioni e le eventuali patologie associate. L’indagine strumentale più accurata per la diagnosi di rottura della cuffia dei rotatori è la RMN. Essa può darci indicazioni precise anche sulla degenerazione tendinea ed infiltrazione adiposa muscolare, fattori prognostici che predispongono ad un elevato tasso di rirottura di cuffia anche dopo riparazione chirurgica. Una semplice RX può invece meglio evidenziare la patologia artrosica gleno-omerale. In questo caso sarà opportuna la sostituzione protesica. Se è coinvolta la cuffia dei rotatori con la Cuff Tear Arthropathy si assiste ad una risalita della testa omerale con acetabolarizzazione dell’arco coraco-acromiale. In questi casi si dovrà ricorrere non più all’artroscopia, ma alla sostituzione protesica e la protesi da impiantare sarà inversa per poter utilizzare il deltoide come unico motore muscolare.
Come si cura
Il trattamento conservativo può essere eseguito come prima istanza in caso di rottura della cuffia dei rotatori. In un soggetto con rottura inveterata e massiva della cuffia dei rotatori, il trattamento conservativo ha il solo scopo di ridurre il dolore e può avvalersi anche della visco-supplementazione con acido ialuronico.
L’intervento
Nei pazienti più giovani ed attivi, soprattutto in caso di lesione traumatica e con disturbo funzionale, è previsto il trattamento chirurgico. Tale trattamento, un tempo eseguito a cielo aperto, viene ora effettuato in artroscopia per essere più conservativi sui tessuti molli circostanti e meno invasivi sul paziente.
Nelle rotture parziali tipo A3 ed A4, il trattamento consigliato è quello della riparazione della lesione con tecnica transtendinea o della trasformazione della lesione a tutto spessore e successiva riparazione. Le lesioni parziali tipo A1 ed A2 richiedono invece solo un debridement articolare.
Nelle lesioni complete inserzionali, il trattamento artroscopico mira a reinserire il sovraspinato al trochite omerale tramite due punti con fili di sutura ad alta resistenza, passanti per una minivite inserita nell’osso. Nelle lesioni massive o non riparabili si mira a bilanciare la spalla e ad ancorare il sottoscapolare al trochine ed il sottospinato al trochite omerale in modo da creare due briglie tendinee anteriori e posteriori che possano opporsi alla risalita della testa omerale. In pazienti giovani ed attivi, ma con rotture di cuffia irreparabili può essere preso in considerazione l’intervento di transfer tendineo di gran dorsale.
Dopo l’intervento
La riabilitazione è parte fondamentale del programma chirurgico e se non correttamente eseguita può determinare un insuccesso. Nel trattamento riabilitativo bisogna tener conto di differenti fasi (infiammatoria, proliferativa e di rimodellamento) che permettano la guarigione biologica del tendine. In una prima fase l’obiettivo è il controllo del dolore che andrà eseguito usando analgesici e non FANS per la supposta interazione tra gli antinfiammatori e la guarigione tendinea. Il tutore dovrà essere indossato per le prime 4 settimane. La riabilitazione prevede una cauta mobilizzazione solo passiva nelle prime settimane. Il recupero del movimento attivo dovrebbe iniziare a circa 5 settimane (cauta mobilizzazione attiva in acqua). La fase di rinforzo muscolare e potenziamento dovrebbe iniziare non prima di 8-10 settimane dall’intervento (elastici leggeri e frequenti ripetizioni). Il programma di mantenimento può durare diversi mesi e deve essere gestito dal paziente in prima persona, sotto la supervisione di un fisioterapista con sedute saltuarie. L’eventuale ritorno all’attività sportiva o lavorativa pesante sarà consentito solo dopo i primi 6 mesi.
Complicanze
Le complicanze del trattamento artroscopico nella rottura della cuffia dei rotatori includono la recidiva della lesione (dal 10 al 90% dei casi), in stretta relazione con la qualità del tessuto tendineo. I fattori di rischio più importanti sono l’età, le lesioni inveterate e la grandezza della lesione. Le complicanze possono anche essere dovute anche ai rischi connessi all’intervento chirurgico, alle rotture o mobilizzazione dei mezzi di sintesi, alle infezioni.